La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

L’amore secondo mio figlio

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figlioLa cosa che mi fa più impazzire in un uomo è quel gesto di gentilezza e premura al momento del conto. Lui che con disinvoltura si alza; che dice “arrivo subito amore”; lui che evita perfino che il tutto avvenga sotto i tuoi stessi occhi. Sperare di essere garbatamente bloccate è bello, ma risparmiarsi l’imbarazzo di fingere la ricerca del portafogli in borsetta secondo me non ha prezzo. Era il tipo da offrirti la giacca al primo colpo di vento, oppure aprire la portiera dell’auto, come era di moda un tempo lontano. Entrò nel ristorante un passo prima di me. Fu esattamente lì, in quei primissimi inviti, che si decise il nostro destino di coppia.

Mio figlio cresce, sembra un ometto. E’ tutto suo padre. Prima di uscire di casa pretende gli occhiali da sole e mette le mani nei taschini del jeans, poi si guarda allo specchio. Porta sempre due monetine con se. Al bar, come al supermercato, chiede che io lo alzi fin sopra la cassa, gli piace che sia lui a pagare il cornetto, oppure la spesa. Gli piace sul serio, lo riconosco quando gli brillano gli occhi. Ha un senso di protezione fortissimo verso di me, incredibile. Ha solo due anni. Al mare – di fronte alle onde – mi dice di stare un passo più indietro. Vuole essere lui a sfidare il pericolo. Oppure quando saliamo in macchina; io lo sistemo dentro per bene, nel frattempo il padre accende il motore. A quel punto lui grida con la paura negli occhi. “Mamma sali”, mi dice. “E’ troppo pericoloso”. La pronuncia è con la t doppia: ttroppo. Poi scandisce per bene pe- ri- co- lo- so. Vuole mettermi in salvo.

Mi viene in mente un tipo con cui sono stata un bel po’ di anni fa. Scrittore, intelligente, un po’ narcisista. Una nota di arroganza nel tono di voce. Non riuscì mai a dirmi ti amo. “Perché dovrei, figliotanto lo sai”. Niente coccole, anaffettivo per sua stessa ammissione. Io invece amo, lo dimostro, ho voglia di carezze, di toccare, dò e chiedo baci. Qualche volta ho ripensato a quelle strane parole, soprattutto quando abbraccio mio figlio. Nel caos in cui siamo avvolti ogni giorno ce ne stiamo così bellamente avvinghiati da sembrare l’esatto incastro di un puzzle. I due pezzi perfetti, unici, proprio quelli e non altri. Come il sole che sparisce dietro una nuvola, l’acqua che dal rubinetto raggiunge la bocchetta del lavandino o la luce che ad una certa ora si spegne per far spazio alla notte. “Torna dalla sua mamma”, dice mio figlio. Il sole, l’acqua, la luce: hanno tutti una mamma dalla quale fare ritorno, abbracciare e lasciarsi cullare. Stupendo. Mi commuove profondamente il suo modo di rappresentare l’amore.

Fiorella Corrado

L'Autore

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