Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Marchi e brevetti, ecco perché le aziende fuggono dall’Italia

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Si sa che in fondo è sempre una questione di soldi. Anche quando si tratta di idee o invenzioni, i cosiddetti “beni intangibili”, le carte in tavola non cambiano. E allora cosa fare? Semplice, emigrare in quei paesi dove le tassazioni sono più favorevoli e dove “i cervelli”, a prescindere dal luogo di provenienza, vengono realmente incentivati e tutelati. Questo è stato il filone seguito da grandi aziende di moda, di ricerca e di molti altri importanti nomi del “made in Italy”, Fiat e Gtech tanto per citarne alcuni, che hanno scelto la strada dell’esodo, alla ricerca di migliori orizzonti fiscali.

Ma a cambiare le carte in tavola ci ha pensato adesso il Consiglio dei Ministri. Spaventato infatti per la fuga dei grandi marchi italiani all’estero, il nostro Paese ha pensato bene di fare marcia indietro. Ma come riportare le grandi imprese nazionali nella propria terra natia? Attraverso un progetto di detassazione che avrà come protagonisti brevetti, marchi e know-how. Questo infatti è uno dei punti salienti della legge di Stabilità 2015. Una mega manovra che dal bonus (diventato detrazione) di 80 euro, dal Tfr in busta paga, alla detrazione Irpef, Irap, fino ai sostegni per le famiglie e la ricerca, ha come focus principale dare, o almeno si spera, una scossa forte alla Nazione.

Entrando nello specifico, sono stati introdotti, come è già avvenuto all’estero, i ‘patent box’, cioè un meccanismo di sostegno con delle agevolazioni. I redditi derivanti infatti dall’utilizzo dei nostri marchi e brevetti non concorreranno a formare reddito complessivo nella misura del 50%. Ma qual’è la reale situazione italiana sui diritti di proprietà industriale? E’ davvero così gravoso per una società o un’impresa brevettare un’invenzione o registrare un proprio marchio? E sarà solo questo il problema che realmente spinge molti brand italiani a spostarsi all’estero? FUTURO QUOTIDIANO ha rigirato queste domande a Fabrizio De Benedetti, amministratore delegato della Sib, Società Italiana Brevetti. “I costi per le registrazioni dei marchi e per le brevettazioni non sono alti nel nostro Paese. Parliamo di circa 170 euro di tasse per i marchi e di 50 euro, più 20 di diritti camerali, per i brevetti. Quello che più costa è la consulenza che ruota attorno al mondo delle proprietà intellettuali”.

Perchè secondo lei molti brand nazionali scelgono allora di spostare i loro quartier generali all’estero?

brevettiIl problema di spostare i marchi o brevetti all’estero deriva da diversi fattori. Il primo e più importante è sicuramente legato ai costi fiscali. Molte società nostrane scelgono di emigrare in quei paesi dove ci sono dei regimi fiscali più agevolati. Per la nostra esperienza però questo vale solo per le aziende più grandi, non certo per quelle di piccole o medie dimensioni. Il problema della fiscalità, ma nel senso generale, non strettamente connesso ai diritti delle proprietà industriali, è ancora troppo elevato in Italia. Inoltre spostarsi all’estero è anche legato alla maggiore protezione che se ne può godere. O meglio chi deposita in Italia un marchio o un brevetto avrà solo una protezione nazionale. Una società che vuole espandere in vari territori il proprio brand dovrà quindi tutelarsi in ognuno di questi.

Possiamo dire quindi che non sono i costi legati ai diritti di proprietàindustriali a far scappare le grandi menti economiche dall’Italia?

Ripeto, i costi dei brevetti e marchi in Italia non sono elevati. Il nostro Paese inoltre sta cercando in vari modi di incentivare la ricerca, anche attraverso la legge di Stabilità.

A proposito della legge di Stabilità, lo sgravio previsto al settore della ricerca e l’introduzione dei patent box possono apportare cambiamenti positivi? 

Sono dei passi in avanti. Il patent box è un meccanismo di sostegno per i brevetti. Permette infatti di far rientrare il reddito che si ricava dalle vendite nel paese in cui è stata registrata la proprietà in questione. Importante è anche l’introduzione del credito d’imposta per la riceca e lo sviluppo. Per le imprese che effettuano investimenti in questo settore, assieme ad università o altri enti di ricerca, è stato previsto un credito d’imposta nella misura del 25% fino al 2019.

E a livello di tempistiche, come è messa l’Italia?

Per i marchi la situazione è più rapida. Si risolve tutto nel giro di alcuni mesi. Per i brevetti invece i tempi si allungano un po’. Parliamo di circa 18 mesi per la pubblicazione e poi c’è l’esame per approvare o meno l’invenzione. Diciamo al massimo alcuni anni. Mi faccia dire anche un’altra cosa. Tutti in Italia parlano di scarsa burocrazia, ma questo non vale in questo settore. L’ufficio brevetti ha fatto molto per questo. Siamo ora al pari con gli altri paesi, grazie anche al lancio di un deposito telematico. Insomma una situazione che potrebbe essere definita come l’eccezione che conferma la regola.

Sara Pizzei

L'Autore

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